L’intervista

Finalmente è arrivato il giorno dell’intervista.

Come per i giorni passati in stamperia il lavoro che si sta svolgendo sono le stampe originali dell’artista Gianni Brusamolino con la tecnica della stampa calcografica.

Mi spieghi come fai?

Innanzitutto preparo l’inchiostro, l’inchiostro da stampa calcografica a poco tiraggio. Per tiro intendiamo l’inchiostro che fila poco perché si deve pulire.

Il poco filo è dato anche per quello altrimenti si fa una fatica tremenda per pulirlo.

La parte che stampa nella calcografia è la parte incisa, perciò la parte non incisa poi va pulita, mentre l’inchiostro rimane solo nel segno inciso.

Aggiungo un po’ di magnesio per sgrassare.

Lo sai che è la stessa sostanza che utilizzano gli sportivi? Per esempio quelli che fanno gli anelli, perché asciuga le mani dal sudore.

Come fai a sapere che l’inchiostro è pronto?

Dipende dalla densità, dalla corposità del colore e la quantità di magnesio in proporzione alla quantità di colore. Tutto lì.

Lo sento dallo strumento con cui sto impastando e se serve aggiungo magnesio.

Come cominci?

Comincio ad inchiostrare la lastra con una spatola di plastica.

Perché usi quello strumento?

Perché non rovina le parti non incise, a volte si utilizza il rullo per inchiostrare, con il rullo metti meno quantità di inchiostro. Oppure un tampone fatto anche con la garza, con gli stracci, gomma piuma, ma anche di cuoio. Una volta si utilizzava molto il tampone in cuoio.

Il tampone viene bagnato nell’inchiostro: ci vuole più tempo ma risparmi molto colore.

Dipende dalla dimensione della lastra?

No, dipende anche dalle tecniche, per esempio uso il rullo per la tecnica della maniera nera.

E’ una tecnica delicatissima e meravigliosa ma non mi fido ad utilizzare le spatoline.

E’ meditativa, orientale. Ultimamente abbiamo stampato delle opere di un’artista giapponese che si chiama Yuko Tsukamoto. Ma anche Durer o Rembrandt l’hanno utilizzata.

La parte che stampa nella calcografia è la parte incisa, perciò la parte non incisa poi va pulita, mentre l’inchiostro rimane solo nel segno inciso Qui hai una lastra bianca e incidi il tuo disegno nero, mentre nella maniera nera hai la lastra bianca devi prepararla per stampare il nero con uno strumento che si chiama berceau una specie di mezzaluna, che serve per renderla porosa.

L’artista prepara questa lastra passando con questo strumento in tutte le direzioni in modo che tutta la lastra viene nera.

Il concetto è questo: tu hai la lastra vergine, prendi questo strumento e fai questo lavoro in tutte le direzioni, lo strumento mi tira su le barbine del metallo, che vedi come sono leggere, come quando hai appena appena la barba che ti spunta. Preparo quindi la lastra per ottenere il nero e faccio delle prove se è veramente nera. A quel punto tiri fuori il bianco. La superficie è diventata talmente morbida, tutta nera, un nero morbido bellissimo, morbidissimo.

Prendo il mio strumento e creo il mio disegno e non appena tocco le barbe si schiacciano ed io tengo il bianco in fase di stampa perché riesco a pulirlo.

Posso tenere anche tanti grigi perché dipende da come uso lo strumento.

Questo è il brunitoio, non segna ma schiaccia la maniera nera. Devi stare attento perché se sbagli devi ricominciare e riutilizzare il berceau.

Ci sono tanti strumenti che puoi utilizzare oltre al brunitoio, per esempio c’è il punzone.

Ma ritorniamo alla nostra tecnica e al come cominci…

Dunque ho cominciato inchiostrando la lastra con le spatoline in plastica che stendono l’inchiostro. Ora pulisco la lastra con la carta.

Perché usi quello strumento?

Per ottimizzare i tempi, perché ho tante lastre da stampare, è un lavoro lungo. Potrei utilizzare la tarlatana che è una garza di cotone, leggera, molto rada e inamidata, ma ci si mette più tempo, con la carta il risultato è lo stesso. Secoli fa utilizzavano semplicemente il palmo della mano.

All’inizio lo facevo con la tarlatana poi è venuta una ragazza per fare uno stage che utilizzava la carta. Questo sistema ho visto che funzionava era molto più veloce, quindi molto volentieri ho abbandonato la tarlatana.

Con la carta man mano tolgo l’inchiostro dalla parte non incisa, vedi che viene fuori.

Togliendo l’inchiostro in eccesso si sente quando la lastra è pulita perché la carta scivola di più.

Poi con per completare la pulitura si passa con il palmo della mano il bianco di spagna, una polvere di carbonato di calcio che serve per rendere più bianche le parti non incise.

Devo stare attenta a come passo con il palmo della mano perché se passo troppo forte rischio di tirare via l’inchiostro nel segno inciso, sta tutto nella sensibilità della mano.

Ora lo sto facendo velocemente perché sono tanti anni che lo faccio.

Non sempre devo passare il bianco di Spagna, dipende se voglio tenere le parti incise più o meno bianche o velate. In questo caso sì perchè le parti non incise devono essere bianchissime.

Cosa stai facendo ora?

Pulisco i bordi con la tarlatana altrimenti si stampa anche il bordo, che fa cornice. I bordi della lastra sono stati bisellati per pulirli meglio e poi perché altrimenti potrebbero rompere il feltro del torchio.

La bisellatura viene comunque fatta su tutte le lastre perché altrimenti mi potrebbe rompere il feltro.

La lastra ora è pronta per la stampa: la posiziono e la registro in base ai segni predisposti sul piano del torchio con la superficie incisa rivolta verso l'alto.

Poi prendo la carta con delle pinze di carta, posiziono la carta sul piano del torchio, registro anch’essa sui segni del piano.

Poi copro con il feltro e il tutto viene fatto scorrere lentamente, mediante la "stella" del torchio.

Quando il la lastra sotto il feltro è passata dall’altra parte del piano torchio alzo i feltri e lentamente con le pinze alzo il foglio di carta: Ecco la stampa originale!

Come sai che hai finito?

Quando ho tolto tutto l’eccesso dell’inchiostro e pulito bene la lastra.

Come fai a ricordarti le tappe?

Sono dentro, fanno parte del lavoro, non puoi dimenticarle, non so come dire.

E’ come quando la mattina ti svegli, lo sai cosa devi fare, fare colazione, ti devi lavare, ti devi vestire.

E’ una memoria gestuale che quando conosci il lavoro…

Oddio, è vero qualche volta può succedere che ti dimentichi qualcosa come quando ti dimentichi di lavare i denti.

Qui può succedere per esempio che preparo tutto, e squilla il telefono, rispondo, torno e non so se ho messo il foglio oppure no.

Come sai se hai fatto giusto?

Quando la lastra è stampata la guardo, la osservo per vedere se il segno inciso è ben stampato, se ci sono tutti i segni significa che l’ho inchiostrata bene, se il bianco è bianco perché l’ho pulita bene, ed anche se i bordi sono stati puliti bene.

Cosa può succedere se sbagli?

Il male minore è che butti via il foglio perché magari non hai inchiostrato bene il segno inciso oppure ce né troppo.

Tante sono le variabili, per esempio anche che non sia stata bene pulita o anche la pressione del torchio se non è registrato bene.

Una volta è capitato che una stagista si era dimenticata di mettere il foglio: ha stampato sul feltro!

A volte ci sono dei segni, perché quando per esempio un artista usa la penna elettrica, vengono via delle piccole particelle di metallo che a volte rimangono sulla lastra. Basta che mano strisci che si formano dei segni involontari.

L’unica cosa grave è se si rovina la lastra per il resto butto il foglio di carta stampato.

Se invece rovino la lastra devo andare dall’artista e dirgli ehm, ehm, senti ti ho rovinato una lastra e purtroppo la devi rifare.

Quante volte può succedere ad uno stampatore? Poche volte, forse mai.

La pressione del torchio deve essere registrata tutti i giorni?

Se cambio il tipo di lastra sì, in questo caso no perché la lastra è sempre quella.

Può succedere semmai di cambiare il feltro se si segna.

Sono tante cose che controlliamo man mano che si fa.

…ed anche se è una giornata no per te o certe volte se hai una lastra che non ti piace. L’importante è che l’artista faccia bene.

Questo lavoro di Brusamolino mi piace perché è veloce, i segni sono ben incisi, riconosci una certa qualità in 60 lastre sullo stesso tema pensando anche che l’artista incide il disegno sulla lastra in modo speculare rispetto a quello che poi verrà stampato perché la matrice viene in contatto diretto con il foglio, perciò l’immagine sul foglio risulterà rovesciata.

Nelle incisioni di Brusamolino, non si può sbagliare, qui ti guida la lastra devi soltanto applicare la tua tecnica.

Cosa è necessario fare, prima?

Prima di tutto viene presa la lastra vergine, poi viene sgrassata, viene coperta da una vernice che protegge dalla corrosione dell’acido.

Su questa vernice, l’artista elementarmente disegna con una punta di acciaio o altri strumenti da incisione togliendo una parte di questa vernice.

In questa parte tolta della vernice si mette in acido, e l’acido morde solo le parti in cui l’artista ha disegnato.

Questo tempo va dai 5 ai 10 minuti, dipende da come vogliamo l’incisione (ci sono diverse morsure che si possono fare sulla stessa lastra per avere un segno più forte, più debole e così via) da come è fatta la lastra, da che risultato voglio ottenere, se è necessario coprirne una parte.

Se la lastra la lascio di più nell’acido il segno diventa più forte.

Nelle incisioni di Brusamolino, non si può sbagliare, qui ti guida la lastra devi soltanto applicare la tua tecnica. Questo viene deciso insieme con l’artista, in questo caso abbiamo usato il cloruro di ferro perché abbiamo un segno abbastanza inciso.

Poi viene lavata con del petrolio per togliere questa vernice che era stata stesa e si va in stampa.

Quando la lastra è pronta per essere stampata, prima di sporcarsi le mani la prima cosa da fare è registrare il torchio, sistemare la pressione con il feltro o i feltri.

Se metto uno o due feltri dipende dalla lastra e lo vedo durante le prove.

Vedo la qualità della stampa: più secca o meno secca; con molta pressione del torchio il segno viene abbastanza secco. La pressione va data secondo quello che vogliamo ottenere.

Decide poi l’artista vedendo la prova se preferisce un segno più o meno secco.

E’ la prova di stampa che mi dice se devo aumentare o diminuire la pressione. E’ la prova di stampa che mi dice come devo agire.

Puoi stampare senza il feltro?

No, non posso passare senza il feltro parlando di incisione, perché il feltro aiuta la carta ad entrare dentro i segni.

Quando invece stampo con la xilografia che è un’altra tecnica di stampa su legno si passa senza feltro.

Nella litografia non si mette il feltro, ma si mette il foglio di stampa con sopra cinque o sei fogli di carta da maestra che sono fogli 60/80 gr carta satinata, sopra ci va il timpano e poi va portato in pressione.

Ma ritornando a cosa è necessario fare prima…

Prima ancora, devi preparare la carta: prima bagnarla e inumidirla poi tagliarla, anzi strapparla perché viene tagliata a mano.

La carta viene strappata a mano, con l’aiuto con una riga di metallo partendo da un foglio 80 x 120, quindi anche ogni foglio è un pezzo unico.

Questa è una carta tedesca che si chiama Hahnemuhle, viene utilizzata anche per stampe fotografiche ora anche per la stampa digitale.

Se non è abbastanza bagnata devo aspettare a stampare.

Ogni giorno devo bagnare la carta, ogni carta va bagnata a suo modo, non tutte le carte sono uguali ci sono alcune che assorbono più acqua altre meno, quelle più dure, quelle più morbide… bisogna conoscere la carta.

Perché la carta deve essere inumidita?

La carta è più morbida e va dentro nei segni incisi più facilmente. La carta va sempre bagnata perché stampa di più.

Ora è tutto pronto per cominciare: si va in stampa e viene fatta la prima prova che si fa vedere all’artista L’artista se è d’accordo e tutto va bene, andiamo avanti a stampare, altrimenti si fanno le correzioni.

… ci sono alcune lastre che hanno bisogno di tante prove per ottenere il risultato che cerca l’artista, alcune volte lo stampatore deve trovare la soluzione.

Quanto è importante la prova di stampa?

Noi stampiamo già bene, ma l’artista deve vedere se il suo lavoro va bene, o se c’è da riprendere in mano la lastra se vuole fare altri segni, oppure può dire che non va bene per niente e fa un’altra lastra.

La prova è importante. La prova ultima, diciamo quella che va bene per l’artista è quella che viene definita B.A.T., Bon a tirer.

A quel punto le altre stampe devono essere fatte più o meno come quella.

L’artista è di fianco a noi mentre facciamo la prova, la vede, può dire di cambiare colore, più nera, più blu… più velata finché gli va bene.

Si fanno 3 o 4 prove, è difficile che la prima stampa vada bene.

Tutte queste prove per esempio perché all’inizio erano molto grigie, poi l’artista voleva un effetto di luce e buio, provo, provo, provo per arrivare alla soluzione: in questo caso non ha lucidato con il bianco di spagna e la parte più scura è stata messa con il rullo.

La parte più scura è ottenuta perché ho inchiostrato la superficie, qui ho inchiostrato il segno inciso.

Per arrivare lì vedi quante prove…

Questa prova è stata stampata male, perché è stata pulita troppo, ho tolto troppo inchiostro.

Questa prova invece non ha il bianco, ha un fondo velato e dunque non è stata lucidata abbastanza Questa invece non era stato fatto il bisello, vedi la differenza?

Altre prove sono state fatte perché l’artista voleva aggiungere il colore rosa.

Che fine fanno tutte le prove di stampa?

Qualcuna la butti, ma la maggior parte viene archiviata in Svizzera a Mendrisio presso l’Archivio Moderno.

Per un archivio è importante sapere come si è arrivati al risultato finale attraverso tutti i passaggi, tutte le prove, l'Archivio vive di questo.

Se c’è qualche prova che ci piace di più possiamo chiedere all’artista di firmarla e quindi diventa un pezzo unico.

Oppure un super collezionista che vuole la prova perché è un po’ diversa dalla tiratura.

Si può dire che le prove e il B.A.T. hanno un valore come o anche di più delle copie tirate.

E invece le lastre?

Le lastre sono di proprietà dell’artista ma spesso rimangono qui e io le porto all’Archivio.

Qualche volta è successo che ti chiedevano di fare una seconda tiratura?

No tendenzialmente non mi capita quasi mai, forse è capitato una o due volte, sempre e comunque in accordo con l’artista. La seconda tiratura se si fa aumenta il valore della prima.

Cosa devi fare,dopo?

Stirare ben bene le stampe, la carta deve essere ben asciutta e stesa, stirata.

Man mano che stampo devo mettere i fogli sotto i cartoni perché i cartoni assorbono un po’ di umidità della carta e vanno lasciati fino a sera o il giorno dopo.

Quando ho fatto quattro copie vengono coperte dalla carta velina e messo un altro cartone e così via.

Ogni cartone pesa circa 1 kg e metto circa 20-30 kg sopra.

Poi il giorno dopo le stampe vengono spostate e messe sotto ad altri cartoni che sono più asciutti.

Dopo il passaggio tra i cartoni le stampe, prendo tutte le stampe, le riguardo, scelgo quelle migliori ineccepibili, altre finiscono nelle prove, (ne stampo sempre qualcuna in più della richiesta), se qualcuna si è sporcata la pulisco con delle gomme.

Poi metto il mio timbro GU sulle mie stampe c’è sempre il timbro che metto sempre alla fine del mio lavoro.

Fatta questa operazione arriva l’artista che le firma.

Si potrebbe fare in un altro modo?

Sì, ma non veniva quella cosa lì, veniva un’altra cosa.

Per esempio se stampi in litografia è inutile fatte tutti questi segni.

Se l’artista all’inizio sceglieva di stampare in litografia pur rispettando il soggetto faceva degli altri segni.

Come hai fatto ad imparare?

Ho iniziato ad aiutare mio padre e mio zio nel 1944, avevo 12 anni. La stamperia di famiglia si chiamava ATLAS, era una tipolitografia industriale. Ho imparato dai sistemi industriali, poi ho scelto di fare la stampa originale. Con mi padre si lavorara con le parole non con le immagini.

E' stato all'inizio degli anni '60 che ho deciso di fare il "grande passo" e di installare dei torchi a mio uso esclusivo in Via Fara, iniziando a lavorare con gli amici artisti che frequentavano la stamperia di mio padre e investendo nelle piccole produzioni che realizzavamo nella mia bottega.

Quindi la tua formazione è avvenuta in bottega?

All'epoca c'erano già delle scuole, ma io sono andato in bottega, è andata così.

Tutto quello che so l'ho prima imparato in stamperia con mio padre.

Poi ho provato e riprovato fino a quando non sono stato padrone della tecnica.

Sono anni di un apprendistato, anni della conoscenza, di acquisizione della tecnica tutta volta ad approfondire e fare propria le regole e i segreti della tradizione incisoria e della stampa originale e d’arte.

Ma non solo, andavo spesso in giro, soprattutto a Parigi a conoscere gli artisti per proporre di lavorare insieme, poi visitavo le più famose stamperie come Mourlot.

Nelle stamperie andavo a vedere, parlare, intervistare e soprattutto cercare di capire perché stampavano così e come stampavano, proprio come stai facendo tu ora!

Tornavo con il lavoro. Ogni viaggio doveva avere una ragione.

Cosa è una stampa originale?

La stampa originale solo quella in cui l’artista interviene direttamente nella matrice e nell’incisione; ogni stampa riprodotta in questo modo è sì, una copia, ma di essa si può dire che è anche un originale, perché è risultato dall’intervento diretto dell’autore e perché nessuna è del tutto uguale all’altra.

Il suo fascino è semplicemente nello scambio continuo e creativo tra stampatore ed artista e spesso capita che il risultato sia diverso dal pensiero di partenza, ma questo è proprio quello che mi piace in questo processo artistico.

Mentre me lo racconti, ora, impari qualcosa?

Sempre imparo, perché ogni lastra è un avvenimento.

Il bello è imparare e poi fare.

E Monia aggiunge: Quello che imparo è che la gente vuole imparare. Mi piace vedere le persone che si appassionano come stai facendo tu ora!

In un racconto di Patani si legge: … Dino Buzzati incise le acqueforti per un mio taccuino parigino: «Le gambe di St. Germain» stampato da Giorgio; fu l'ultimo libro non scritto e il suo primo illustrato per un altro autore. Fu dunque l'estremo atto artistico poco prima del ricovero alla clinica della Madonnina dove morì nei primi del 1972. Quando arrivava in stamperia si buttava a capofitto sulla lastra ascoltando con attenzione i consigli di Giorgio. Una volta raccontò che mentre disegnava a 86 anni un particolare dell'opera di Giotto, Ingres, a chi gli chiedeva il perché rispose: «Per imparare». E in questo spazio magico l'autore del «Deserto dei Tartari» sentiva «la poesia dell'incisione" era curioso di tutto e felice di «imparare bene» e di conoscere le varie tecniche.

Testi “fatti a mano” da Laura Tanghetti
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