Un bravo stampatore
per fare una buona impressione
deve avere un ottimo carattere
Bruno Munari

Solo un ringraziamento

Prima di iniziare vorrei innanzitutto ringraziare Donata Fabbri e Alberto Munari che con questo stage mi hanno dato l’opportunità e la possibilità di conoscere attraverso un semplice, e per me nuovo, strumento di ricerca un artigiano, anzi un maestro artigiano.

Si chiama Giorgio Upiglio e vive e lavora a Milano, nel suo straordinario laboratorio in una vecchia casa di ringhiera, in via Fara, tra il Grattacielo Pirelli e l’area delle ex Varesine, dove da più di cinquant’anni stampa opere d’arte grafiche con i più grandi artisti del mondo e produce libri che sono essi stessi opere d’arte.

Chi è Giorgio Upiglio?

Giorgio Upiglio, classe 1932, è uno degli incisori e stampatori d'arte più conosciuti in Italia e nel mondo.

Poco più che tredicenne, cominciò a lavorare nella tipografia Atlas (Arti Tipo-Litografiche Ambrosiane Società), a fianco del padre Emilio e dello zio, Raffaele Cervone, artigiani stampatori in Milano.

Negli anni del dopoguerra maturò l’amore per l’arte incisoria, che sperimentò con alcuni torchi custoditi nella cantina di un amico e frequentando artisti come Domenico Cantatore, Bruno Saetti e Giovanni Brancaccio, di cui riprodusse su tela alcune opere. La conoscenza di artisti suoi coetanei, come Gianni Brusamolino, Piero Leddi, Alessandro Natasio, Ernesto Treccani, Renato Volpini e Tono Zancanaro, con cui realizzò le prime stampe originali, gli consentì di affrancarsi dall’officina familiare.

Nel 1962 con Mario Tringali e Loris Giacomessi fonda a Milano "Grafica Uno", stamperia nata per la produzione di libri d'arte e stampe originali di tiratura limitata. La volontà di raccontare —con la tecnica tipografica, la calcografica, la litografica— la passione per la ricerca poetica della contemporaneità, renderanno il suo laboratorio un punto d'incontro e scambio culturale tra i più frequentati dagli artisti e dagli intellettuali di ogni nazione.

Nel 1965 la società fu sciolta, ma se ne conservò il nome e Upiglio si trasferì nello storico atelier di via Fara 9, in un vecchio caseggiato della Milano del primo Novecento.

Qui si avvicendarono alcuni tra i più celebri artisti del Novecento italiano, molti dei quali condotti da Giorgio Marconi: Valerio Adami, Enrico Baj, Giorgio de Chirico, Lucio Del Pezzo, Lucio Fontana, Giorgio Morandi, Cesare Peverelli, Mario Rossello, Emilio Scanavino, Ardengo Soffici.

Grazie a due grandi editori, Arturo Schwarz e Giulio Einaudi, Upiglio entrò in contatto con Man Ray e Marcel Duchamp (tramite Schwarz) e con Alberto Giacometti (tramite Einaudi). Negli anni successivi si aggiunsero altri artisti di notorietà internazionale: Pierre Alechinsky, Claire Falkenstein, Günter Grass, Wifredo Lam, Graham Sutherland, Joe Tilson.

Nel 1970 la fama di “gentiluomo delle gravure” che accompagnava Upiglio (così Osvaldo Patani ricordava l’amico stampatore) si consolidò ulteriormente grazie alla realizzazione della cartella El circulo de piedra, con poesie di Carlos Franqui e litografie di Adami, Calder, Camacho, Càrdenas, César, Corneille, Errò, Jorn, Kowalski, Lam, Mirò, Pignon, Rebeyrolle, Tàpies e Vedova. Poi, nel 1970, fu pubblicato il taccuino parigino di Osvaldo Patani Le gambe di Saint Germain, illustrato da Dino Buzzati. Successivamente giunsero nella stamperia di Upiglio, fra gli altri, Gabriele Mucchi, Ettore Sottsass e Mimmo Paladino, con cui si strinse un fruttuoso sodalizio professionale, e, in tempi più recenti, nuove generazioni di artisti.

Il contributo Giorgio Upiglio alla storia della grafica nell'arte contemporanea, in quest'ultimo mezzo secolo, è evidente se si affianca al suo nome quello di centinaia di artisti che, con il suo supporto tecnico hanno realizzato pubblicazioni e stampe originali.

Perché Giorgio Upiglio

Com’è nata l’idea di scegliere proprio Giorgio Upiglio come artigiano da osservare ed intervistare, per compiere la mia ricerca azione?

E’ nata semplicemente pensando ad una mia passione: il libro, i libri e i libri d’artista.

Scorrendo tra i libri nella mia libreria, lo sguardo si sofferma su un libro d’artista: “8 Poems" Roberto Sanesi - Joe Tilson, marzo 2004, Editore e Stampatore Giorgio Upiglio

Si tratta di un libro che mi regalò mio padre lo scorso anno, che aveva acquistato direttamente nella stamperia di Giorgio Upiglio, che conosce e frequenta da molti anni.

La passione per i libri e per le stampe originali infatti, me l’ha trasmessa proprio mio padre, che da anni si diletta come collezionista d’arte.

Sfoglio subito il libro e mi compare una delle due acqueforti di Joe Tilson, si tratta di un disegno di un occhio e una mano ed ho subito pensato:

occhio come osservazione e ricerca - mano come gesto e azione

Munari diceva: “Per stimolare la memoria visiva e la ricerca delle intenzioni creative, la prima regola da osservare è l'osservazione”.

Il primo appuntamento

Così ho chiamato Giorgio Upiglio e dopo avergli spiegato in linea generale il compito che mi è stato chiesto di svolgere per il Master Metodo Munari® gli ho chiesto se potevo frequentare per alcuni giorni il suo Atelier secondo le sue disponibilità.

Ha subito acconsentito alla mia richiesta e mi ha invitato ad andare anche a partire dal giorno seguente.

Detto, fatto!

Eccomi in via Fara, suono il citofono, qualcuno mi apre, entro nel cortile e scorgo in fondo al cortile una vetrata con una scritta gialla Giorgio Upiglio Stampatore Editore.

Si apre la porta e Giorgio Upiglio mi accoglie con un sorriso.

Avevo letto che il poeta Osvaldo Patani aveva scritto di lui “che a prima vista sembra un personaggio di Victor Hugo: faccia tonda e ironica, più che un personaggio della nuova frontiera dell'arte sembra proprio una figura uscita ante litteram da un romanzo del grande francese”.

Dopo essermi presentata, la prima impressione che ho avuto è che Giorgio Upiglio fosse incuriosito ed interessato del lavoro che dovevo svolgere per il Master di quanto non lo fossi io per il suo.

Il contatto con lui e con Monia Pavone, sua collaboratrice e assistente da molti anni, è stato facile, subito gentili e disponibili, mi hanno seguito ogni giorno insegnandomi e facendomi scoprire tantissime cose con semplicità e pazienza. Disponibilità che ho ritrovato sempre anche con artisti o con amici in qualsiasi momento della giornata in una rapida prontezza, sempre con il sorriso, dando e ricevendo senza affanno.

Com’è fatta la stamperia

Il primo impatto con la stamperia dà un senso di caos: ovunque è pieno di fogli, di libri, di inchiostri, di tarlatane.

Sulle pareti libri, quadri, stampe, fotografie e locandine di mostre dedicatagli nel mondo.

Di fronte alla porta una lunghissima scrivania inondata di fogli, quaderni, ritagli di giornale, di lettere aperte e ancora non aperte, di libri, cataloghi e matite, dove rimane poco spazio per lavorare.

Entrando si sente un odore particolare di inchiostri, di cera, di acidi, di carta, di tempo vissuto, in sottofondo si sente la musica classica che arriva da una vecchia radio posizionata vicino ai torchi che accompagna per tutto il giorno il loro lavoro accentuando la sensazione di essere in un luogo armonioso, rilassante, dove è piacevole lavorare.

Sembra tutto disordinato ma è accogliente come una casa familiare e l’insieme mi trasmette armonia.

Osservazioni e analisi dell’intervista

Per partire con l’analisi dell’intervista vorrei iniziare dalla fine!

Trovo che la risposta conclusiva alle domande dell’intervista a Giorgio Upiglio che “sempre impara perché ogni lavoro è un avvenimento”, sia un fantastico punto di partenza.

Traspare in questa risposta come il suo lavoro è un mestiere è in cui confluiscono l’esperienza, la conoscenza, la passione, il coraggio, l’abilità, l’istinto e la continua voglia di nuovo.

Si sente facilitato e un privilegiato quando risponde alla domanda come hai fatto ad imparare: privilegiato perche non ha mai fatto scuola, ma fin da ragazzo ha lavorato nella tipografia industriale di suo padre e suo zio, dove ha imparato a conoscere tutte le tecniche, dalla pietra litografica al piombo tipografico; provava e riprovava fin quando non si è impadronito della tecnica.

Ma la cosa che mi colpisce di più è che quando negli anni sessanta scelse di fare solo stampe originali, iniziò a lavorare quasi per divertimento.

Nota bene: la stampa originale è quella in cui in cui l’artista interviene direttamente sulla matrice e dove ogni stampa riprodotta è si, una copia, ma di essa si può dire che è anche un originale, perché è risultato dall’intervento diretto dell’autore e perché nessuna è del tutto uguale all’altra, Giorgio Upiglio molte volte mi ha sottolineato questa definizione.

L'attività è cominciata in una maniera informale, non codificata, se vogliamo artigianale e improvvisata.

Poi è diventato un vero mestiere e ha cominciato a girare l’Europa per i vari stampatori d’arte: andava in giro a vedere come stampavano e li intervistava proprio come sto facendo io!

Un altro passaggio interessante è quanto sia importante la prova di stampa, anzi le prove fino a quando non si arriva alla prova ultima, definita B.A.T, Bon a tirer, cioè quella che va bene per l’artista.

Queste prove sono la linfa della sperimentazione in cui si affina la tecnica e l’uso dei materiali per arrivare ad una soluzione. E’ la prova di stampa che indica come devo agire.

A proposito di prove Giorgio Upiglio mi parla delll’Archivio Moderno a Mendrisio dove sono custoditi documenti, fotografie, lastre, esemplari del suo lavoro.

Per un archivio è importante sapere come si è arrivati al risultato finale attraverso tutti i passaggi, tutte le prove, l’archivio vive di questo, in questo modo si riesce capire il processo creativo e produttivo.

In molte risposte ritrovo attenzione e cura rivolta alla lastra ed in particolare al segno inciso, perché è il segno ciò che viene stampato sulla carta.

Osservandolo quello che mi ha colpito è la precisione, la naturalezza dei gesti, oserei dire la leggerezza.

La padronanza degli strumenti accompagnano le azioni.

Per questo motivo l’inchiostro preparato deve filare poco perché si deve pulire facilmente, le spatole in plastica sono abbastanza morbide ed elastiche per poter stendere bene l’inchiostro nei segni.

Così come è importante passare con la mano quando si utilizza la carta (o la tarlatana) e il bianco di spagna per pulire le parti non incise per non rischiare di tirar via l’inchiostro nel segno inciso, tutto sta nella sensibilità della mano.

Sa che ha finito quando viene tolto tutto l’eccesso d’inchiostro e la lastra e ben pulita. Ora si può stampare.

Sa che ha fatto giusto perché la osserva, esamina i dettagli, lo sguardo è sempre attento.

Spesso gli ho sentito dire quando osservava una stampa appena uscita dal torchio che c’è armonia.

Armonia dei segni, armonia dei toni, dei contrasti.

Quando gli ho chiesto come fai a ricordarti le tappe mi ha appassionato la sua semplice risposta: è una memoria gestuale, fanno parte del conoscere del saper fare il tuo lavoro, vuol dire anche sapere cosa devo fare prima e cosa devo fare dopo, operazioni non meno importanti di quelle del processo di preparazione alla stampa.

Ricerca nelle opere di Munari tre passaggi che vi sembrano pertinenti rispetto a quanto emerso nell’intervista

Prima del disegno

Quanti segni ci sono per fare i disegni?

Che importanza ha il segno per il disegno?

Che importanza ha il segno per il disegno?

I disegni degli artisti sono spesso fatti con segni diversi, ogni artista sceglie o inventa il suo segno caratteristico e usa uno strumento adatto a tracciare quel segno.

Tutti sanno che con lo stesso strumento si possono tracciare segni diversi secondo la pressione, la velocità e il supporto su cui viene tracciato il segno.

Quando si pensa al disegno spesso ci si immagina come se vi fosse un “qualcosa di finito” che è già nella mente e che la mano deve solo eseguire. Munari, invece ci aiuta a scomporre il disegno per vedere come è fatto; stimolandoci ad andare alla genesi stessa: il segno

Xerografie originali

Xerografie originali

Pensando alla definizione della stampa originale in cui l’artista interviene direttamente nella matrice e nell’incisione ed al fatto che ogni stampa è sì, una copia, ma di essa si può dire che è anche un originale, perché è risultato dall’intervento diretto dell’autore e perché nessuna è del tutto uguale all’altra, mi sono venute in mente le Xerografie Originali di Bruno Munari

Essi sono il prodotto di una sperimentazione sistematica, compiuta da Munari su di una fotocopiatrice, il nome Xerografia deriva dal nome della copiatrice presa come soggetto di sperimentazione.

Le prime xerografie originali sono del 1964.

La definizione Xerografia originale sta ad indicare che non sono delle comuni copie, bensì degli originali ottenuti con un procedimento che permette di usare tutte le possibilità della copiatrice intesa come strumento per produrre immagini oltre che per riprodurle.

E’ un perfetto esempio di come in Munari, il procedimento si accompagna al risultato finale in linea con il suo metodo di ricerca rigoroso e creativo allo stesso tempo, in cui l’obiettivo è quello di ottenere il massimo dei dati per poter rappresentare tutte o quasi le possibilità della macchina, anche impreviste e inaspettate.

Rose nell’insalata

Rose nell'insalata

Le rose nell’insalata sono l’organizzazione del gesto casuale, dell’impronta, sono la fotocopia naturale e ogni volta “originale”.

Pezzo unico, diverso per pressione, colore supporto, direzione, quantità, dimensione.

Sono anche la meraviglia per l’opera della natura e per le sue regole intrinseche, sintetizzano l’atteggiamento dell’uomo nei suoi confronti: l’osservazione, la voglia di rifare e di modificare, di comunicare, di superare.

Multipli

Bruno Munari, fondatore dell'Arte Programmata, ha realizzato molti multipli, fra cui dieci esemplari della prima ed unica macchina aerea del 1930, e poi multipli collegati tra loro in struttura continua dove "... l'insieme dei moduli può essere considerato come un particolare di un infinito modulato riconoscibile dalla forma base del modulo ma non prevedibile come forma finale".

Con i multipli Munari intende perseguire il progetto di un’arte alla portata di tutti.

Qui di seguito il Manifesto dei multipli scritto da Munari per gli Amici della Sincron in cui si spiega che cosa sono e perché nascono.

“Il Centro Operativo Sincron di Brescia, proseguendo l'operazione collettiva iniziata nel 1967, presenta cinque nuovi oggetti a funzione estetica prodotti in 250 esemplari, firmati, numerati e garantiti collettivamente.

Il Centro Sincron intende precisare che, essendo i multipli oggetti a due o più dimensioni prodotti in un numero limitato o illimitato di esemplari aventi lo scopo di comunicare per via visiva informazioni di carattere estetico ad un pubblico vasto ed indifferenziato, le loro caratteristiche sono:

  1. il multiplo è ideato dall'autore come tale e non è perciò la riproduzione di un'opera d'arte.
  2. il materiale e le tecniche di realizzazione di un multiplo sono scelti dall'autore come il supporto più adatto per passare l'informazione estetica, indipendentemente dalla preziosità dei materiali.
  3. il multiplo tende alla serie illimitata ed al basso prezzo, indipendentemente dal valore "commerciale" dell'autore.
  4. il basso prezzo dei multipli, strettamente calcolato sul costo di produzione, permette una grande diffusione proprio in quello strato di pubblico interessato all'oggetto e non alla speculazione.
  5. i multipli quindi non sono copie, ma esemplari d'autore”

E almeno due passaggi tratti da opere di vostra scelta

Gianni Brusamolino

“L’azione nell’arte è un gesto vitalistico che tende a svelare la bellezza poiché crediamo che l’opera che la invera rivitalizzi e perpetui il sogno di un mondo nascosto che pervade l’esistenza…

… La sperimentazione, il gesto connesso ai segni nel loro assetto ludico dall’infanzia alla prima giovinezza si sono mossi presto nel mio temperamento. Ma il fascino derivante dalle cose, la loro struttura, i materiali, le immagini in generale hanno continuato ad alimentare la mia curiosità. Man mano cresceva la mia coscienza di “altro”,ciò modellava l’intendimento cogitativo su quello che percepivo nelle cose della realtà”

Roberto Ciaccio

Il lavoro di Roberto Ciaccio coinvolge la prassi della stampa originale, in un lungo sodalizio con lo stampatore Giorgio Upiglio, in una ridefinizione delle modalità tradizionali degli strumenti e delle processualità inerenti a tale disciplina. Risulta infatti ridefinito il concetto di matrice, di serialità e di riproducibilità tecnica. Le grandi lastre matrici, origine di monoprints e monotipi, diventano nel corso del processo operativo opere a se stanti dotate di una assoluta autonomia ed espressività.

L’artista affronta in modo suggestivo e sistematico alcune problematiche e alcune dimensioni essenziali del linguaggio della stampa originale come ad esempio:

Suggerimenti operativi che questa ricerca potrebbe apportare alla progettazione di un laboratorio Bruno Munari®

Come già anticipato nei ringraziamenti iniziali, ho trovato particolarmente stimolante affrontare questo compito di ricerca attraverso l’uso dell’intervista ispirata all'opera di Pierre Vermersch.

Bruno Munari, nei suoi laboratori, spesso partiva sempre da una domanda.

Le domande sono importanti, sono domande aperte che sottolineano l’azione-scoperta.

Ripenso al primo incontro ai Toirano con i docenti ABM®. Tutto è iniziato con una domanda, anzi due.

Le domande infatti hanno favorito e guidato la descrizione a posteriori dello svolgimento delle azioni, aiutandomi nella descrizione di tutti i passaggi dell’attività, ma sono state soprattutto un mezzo complementare di raccolta dati sulle azioni vissute e da me osservate.

Se dunque in un laboratorio BM®, la ricerca è parte fondante, ebbene trovo che questo sia stato uno strumento di formazione e di ricerca per favorire la produzione di una descrizione precisa, dettagliata e fedele dello svolgimento dell’azione e dunque per creare le condizioni necessarie alla presa di coscienza di quali sono le regole e le tecniche, quali gli strumenti e materiali, come si fa, che cosa si fa, con che cosa.

Credo che sia stata un aiuto per cercare di verbalizzare le azioni vissute e focalizzare i dettagli dell’esecuzione certamente non come apprendimento esperienziale perché per saper fare bisogna essere padroni della tecnica: più si pratica e più si diventa esperti!

E’ attraverso la sperimentazione che ho la possibilità di osservare le variabili attraverso l’uso di diversi materiali, strumenti, supporti e dall’andamento del gesto.

In questa esperienza ho ritrovato tutti gli elementi che compongono un laboratorio metodo BM®: sapere come fare che riguarda la proposta tecnica e strumentale, sapere cosa fare tutto che riguarda ciò che concerne le prove pratiche e gli esperimenti per potersi esprimersi originalmente, per riflettere e interrogarsi sul processo.

Cosa ho imparato

Questa esperienza mi ha permesso di vivere il luogo dell’operatore pratico, del fare tecnico, Giorgio Upiglio lo definisce "il luogo del gesto e del graffio".

Ho imparato che la tecnica sapiente è piegata al fare artistico in modo tale da renderlo autenticamente efficace e dunque espressivo.

Credo di essere riuscita a cogliere ed apprezzare come Giorgio Upiglio non sia un semplice e mero esecutore-stampatore bensì è coautore delle opere artistiche perché è sempre coinvolto in scelte che vanno al di là dei problemi di lastra e di torchio riuscendo sempre ad interpretare consapevolmente i desideri degli artisti.

L’artista si affida alla sua professionalità, alle sue mani che sono sicure perché sanno dominare la tecnica Significa sapersi mettere al servizio ed essere in grado di realizzare ciò che viene richiesto nel miglior modo possibile. È la competenza.

Fin dal primo momento ho capito che il suo modo di lavorare è accompagnato dalla passione, dalla continua ricerca e sperimentazione. Ogni qualvolta che l’ho visto accostarsi alle opere, agire o confrontarsi con gli artisti lo ha fatto sempre con uno spirito di avventura in cui si percepisce la sua partecipazione sapiente a tutto il processo creativo.

Questa esperienza è stata una scoperta di un nuovo modo di fare ricerca che mi ha aiutato ad acquisire consapevolezza e comprensione riguardo al mondo della stampa originale.

Ho assaporato il fascino dello scambio continuo e creativo tra stampatore ed artista ed apprezzato che a volte il risultato può essere diverso dal pensiero di partenza, ma questo è proprio quello che mi piace in questo processo artistico, è una continua e sincera ricerca delle possibilità e delle variabili che ti permettono di confluire in qualcosa di nuovo.

Le domande sono state fondamento e guida per generare le riflessioni sul gesto, sulla materia e sul pensiero: perché il gesto può intervenire nella costruzione della conoscenza.

All’inizio della conoscenza c’è l’azione: è tramite l’azione che si elabora simultaneamente la costruzione del soggetto conoscente, dell’oggetto da conoscere e degli strumenti stessi della conoscenza

L’intelligenza del gesto non impone con la forza la propria volontà, ma cerca di negoziare il suo progetto d’azione con i vincoli e le resistenze che la materia esprime.

Dunque l’ agire ha cura della conversazione fra il gesto, la materia e il pensiero.

L’intelligenza del gesto diventa maestria negli artigiani che lavorano con cura e rispetto.

Infine ho imparato che per allenare il pensare in modo creativo bisogna continuamente rinnovare il rapporto che ognuno di noi ha con le cose e con le storie.

Vorrei chiudere questo mio lavoro con una meravigliosa frase di Leo Lionni: "Nessuno meglio di Giorgio impersona la nuova figura del maestro artigiano … Non come uomo-strumento, ma come collaboratore che con la sua generosa disponibilità a nuovi interrogativi, l'intuizione di possibili risposte e la elaborazione di nuovi mezzi, partecipa vitalmente alle invenzioni del processo creativo".

Nota a margine

In molti momenti ho sentito il bisogno e la voglia di provare, di sperimentare di rendere le mie mani attive, per pensare/fare in concreto quello che non sapevo pensare/fare prima.

Giorgio Upiglio e Monia Pavone sono riusciti a cogliere questo mio bisogno e così mi hanno preparato due piccole lastre vergini, una per me ed una per mia figlia.

Mi hanno invitato a provare ad inciderle, suggerendomi di provare ad usare strumenti che avevo in casa, dall’ago alle chiavi, dal cacciavite alle forbici.

Nei prossimi giorni mi aspettano in Atelier per stampare le mie piccole lastre per “fare per capire!”

Grazie Giorgio, grazie Monia!

Testi “fatti a mano” da Laura Tanghetti
Fotografie e web design di Alessandro Amodio- Web hosting Opendoc Srl

Master in Metodologia Bruno Munari® (2011-2012)
Stage Fabbri & Munari
Marzo 2012

Ricerca- azione per promuovere la consapevolezza della maestria nella conversazione tra gesto, materia e pensiero